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Martedì, 12 Maggio 2015 13:04

Il giornalista, l’addetto stampa e il portavoce: differenti compiti e funzioni, diverse regole di riferimento.

Che la libertà della informazione sia essenziale allo stato democratico è incontestato da sempre: le proclamazioni sulla libertà di espressione e di stampa nascono, come è noto, insieme al moderno costituzionalismo. Più recente e meno scontata è, invece, l’idea che l’informazione sia anche un aspetto essenziale del rapporto tra lo stato, le sue articolazioni, le amministrazioni pubbliche in generale e i cittadini, e che quindi sia anche una funzione, un compito insopprimibile di ogni articolazione dei pubblici poteri.

Sono gli statuti regionali adottati a partire dagli anni settanta del secolo scorso a riconoscere per primi il ruolo centrale della relazione informativa (bidirezionale) tra pubblici uffici e cittadini come presupposto per la creazione di una amministrazione aperta, trasparente e democratica (art. 8 Statuto Piemonte; artt. 5 e 62 Statuto Basilicata; 56 Statuto Calabria; 48 Statuto Campania; 5 Statuto Emilia-Romagna; 4 Statuto Liguria; 5 e 54 Statuto Lombardia; 32 Statuto Marche; 42 Statuto Molise; 4 Statuto Toscana; 11 Statuto Umbria; 35 Statuto Veneto).

Ed è sulla scia delle proclamazioni dei primi statuti che la Corte costituzionale, nell’importante sentenza n. 348 del 1990, per la prima volta riconosce che ogni articolazione dei pubblici poteri, e, in particolare, ogni soggetto di autonomia non può non avere, tra i suoi compiti, anche quello di realizzare un corretto circuito informativo con la comunità di riferimento.

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